Ad ascoltare i dati sull’impiego in Italia, che recitano: «il tasso di disoccupazione giovanile in Italia segna un nuovo record a novembre: si attesta al 37,1%. Si tratta di un record assoluto, ai massimi dal 1992» (fonte www.istat.it), mi si presenta l’immagine di persone in coda, davanti ad un centro per l’impiego, ognuna con il suo curriculum in mano.
Ma guardando meglio mi rendo conto che non sono i giovani di cui sopra, no…
Sono i politici, deputati, senatori, ministri attualmente in carica, più uno stuolo di aspiranti candidati per le prossime elezioni.
Attendono, i disgraziati, la convocazione di coloro che stanno preparando le “liste”, dove troveranno posto solo pochi eletti, coloro che rispondono a determinate caratteristiche di preparazione, serietà, moralità e – ultimo ma non ultimo – fedina penale pulita.
Ebbene sì, queste sono le uniche persone in cerca di lavoro che hanno diritto di cronaca in questo periodo pre-elettorale in cui di tutto si dovrebbe discutere.
Di chi e di che cosa si dovrebbe parlare?
Di crisi, di povertà, di scarsa se non scarsissima fiducia nel futuro, di nuclei familiari impoveriti, di disoccupazione e fabbriche e botteghe e multinazionali che chiudono, si spostano all’estero, licenziano o mettono in cassa integrazione.
Di esodati, di coloro che erano vicini alla pensione e ora vedono quel traguardo allontanarsi sempre di più, dei giovani che aspettano che quei (pochi) posti si liberino per far posto a loro.
Gli stessi giovani che intanto restano in famiglia, a dispetto della loro volontà di libertà, di affrancamento.
Eppure, ripeto, di tutto ciò non sento parlare.
Nei dibattiti (leggi liti) a distanza tra i partiti ed anche all’interno degli stessi, è una gara a chi trova un nuovo appiglio, una nuova accusa, meglio se infamante, un recriminare sulle cose fatte e non fatte, dimenticando che per le ultime si sono impegnati tutti, destra, sinistra, centro.
Allora sì che si scatenano su facebook, su twitter, sui siti dei nuovi innumerevoli partiti e movimenti, e vai con le interviste, televisive, radiofoniche, fino alle emittenti locali, anche le meno conosciute.
E la tristezza mi assale.
Per avere quasi sessant’anni, per non sapere che futuro mi aspetta, perché nella mia mente sovrappongo ai giovani quella massa di vecchi tromboni, tremebondi perché non sanno se da domani – ferme restando pensioni e quant’altro avranno guadagnato di diritto per gli anni futuri – non potranno più sedersi alla Camera o al Senato, per interpretare quella commedia dell’assurdo che è la politica italiana.
Tiziana Franchi