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Due bambini iracheni rilasciano un uccello in libertàTre poeti iracheni hanno attraversato nel mese di ottobre il loro Paese per portare parole di pace. L’Iraqi Poets’ Anti-Violence Convoy, Convoglio Anti-Violenza dei Poeti iracheni, ha viaggiato in nove province dell'Iraq per recitare poesie nelle strade, davanti ai passanti, per gridare il loro “No” alla violenza dilagante nel paese, aggravata ulteriormente dallo Stato Islamico (IS) che sta conquistando città e province e lasciando dietro sé morte, violenza, intolleranza, distruzione.

Nabil Nehme al-Jabiri, membro del comitato promotore, lo ha raccontato ad Al-Monitor: “l’idea ci è venuta mentre ragionavamo sulla necessità della coesistenza e della tolleranza in Iraq. Questa iniziativa punta a favorire la trasformazione dell’Iraq in un paese di pace e diversità, dove le persone siano trattate come esseri umani dal valore sacro che devono essere protetti e salvate da ogni forma di violenza”.

Sul Convoglio contro la violenza c’è una pagina di Facebook (non vi spaventate, è in arabo!) che mostra i tre poeti e molte foto del loro viaggio.
Se ne trova notizia anche sul portale TDC, dove attivisti arabi ed americani si sforzano, attraverso il dialogo, di ristabilire la convivenza pacifica tra le due culture.

Il motto è semplice: No alla violenza.

Certo è una frase sentita mille volte, in mille contesti, a volte gettata al vento, o sbandierata in una manifestazione, su uno striscione di un corteo.
Ma se queste parole sono il motto di un gruppo di poeti che recita poesie per le strade di un paese in guerra, allora sì che la loro valenza ha un altro spessore.

L’iniziativa ha riscosso approvazione e solidarietà da molte parti del mondo, dal Forum Culturale Europeo in Belgio, il Centro Culturale in Tunisia, gruppi di giornalisti e circoli culturali anch’essi tunisini ed altri ancora se ne aggiungeranno.

In mezzo a tante notizie che girano in rete, con racconti e immagini di violenza di ogni tipo, questa apparentemente piccola iniziativa traccia un percorso di speranza.

Eppure la storia insegna che non è una novità.

Andando indietro, e non di molto, troviamo le celebrazioni a Ferguson (Missouri) in memoria del ragazzo di colore Michael Brown, ucciso il 9 agosto scorso per mano di un poliziotto. Il ragazzo è stato celebrato con il canto e la poesia, a far da contraltare all’orrore di questa morte e ai disordini durati molti giorni.
E nel corso della primavera araba, nel 2011, il poeta ventenne Ayat al-Qormezi aveva recitato le sue poesie in Bahrain, prima di scomparire inspiegabilmente (ma è davvero così?). Ora è dato per morto.
E in Palestina, nel corso delle tante – troppe – guerre, si registrano numerose testimonianze di letteratura per sottolineare la resistenza in quella terra occupata.
E gli ebrei, durante l’Olocausto, e chissà quanti altri ancora andando indietro nel tempo, di guerra in guerra, di occupazione in occupazione, di dolore in dolore e morte e silenzio assordante.

So che molte persone hanno analoghi sentimenti, che in ogni luogo e in ogni tempo ci sarà sempre una voce fuori dal coro, un coraggioso anelito di libertà e pace che proverà a seminare ancora una volta un seme di verità e giustizia.
Magari una voce sola, a cui se ne potrà aggiungere un’altra e un’altra ancora per fare un mondo migliore.
Non lasciamoci rubare la speranza.

Tiziana Franchi

Promemoria

Ci sono cose da fare ogni giorno:
lavarsi, studiare, giocare
preparare la tavola,
a mezzogiorno.

Ci sono cose da fare di notte:
chiudere gli occhi, dormire,
avere sogni da sognare,
orecchie per sentire.

Ci sono cose da non fare mai,
né di giorno né di notte
né per mare né per terra:
per esempio, LA GUERRA

G. Rodari


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