Sono (ero?) bulimica di notizie e attualità. Seguo (seguivo?) la cronaca locale, regionale, nazionale e internazionale. Mi piace (piaceva?) immergermi nel suono delle voci della radio quando sa raccontare con obiettività e senza fronzoli ideologici le varie storie che il mondo ci propone – e propina – ogni giorno.
E così dicasi per la carta stampata su cui trovavo altre idee e opinioni, da destra a sinistra, dall’alto in basso, per farmi un’idea il più possibile plurale del mondo che mi circonda.
Ma ultimamente mi sto come ripiegando su me stessa coprendo le orecchie e chiudendo gli occhi per non avere contezza di quello che viene propalato da ogni possibile mezzo di comunicazione.
Forse è una forma di autodifesa perché mi ritrovo non solo a indignarmi per il livore che leggo, vedo e sento arrivare da ogni direzione, ma perché nella ricerca affannosa e affannata di equilibrio e onestà intellettuale non ne trovo alcuna.
Sono una snob? La mia è la reazione di chi avendo “perso” le elezioni non vuole vedere nulla di buono nel nuovo?
Non credo. Poiché non mi riferisco solo alla politica di governo ma perché non mi ritrovo più nelle posizioni ostentate, riversate, vomitate su ogni mezzo di comunicazione con la protervia di chi sa che sarà approvato, applaudito, condiviso e rimandato con echi ancora più violenti, scurrili e volgari per trarne altrettanta compiacenza altrui.
E questo si ripropone ovunque, dal tram che prendo alla mattina, alla coda alle casse del super o in banca o all’asl per il ritiro di un certificato.
È come se quegli impulsi fossero stati sdoganati. Adesso si può, anzi si deve, essere politicamente scorretti, socialmente “contro” chiunque voglia fare di educazione e saper vivere il proprio credo. Solo così si sarà approvati, applauditi, ringraziati e si alzerà la posta in un crescendo rossiniano di invettive, cattiverie, volgarità gratuite e perfide.
Così salendo sempre più su una montagna per fuggire questa valle fumigante risentimento mi ritrovo sul cocuzzolo, sola e un po’ disorientata.
Cosa potrei fare e dire per non essere subito subissata da pernacchie e fischi? Nulla, perché non c’è chi voglia ascoltare, non c’è chi voglia discutere pacatamente mettendo sul tavolo le proprie idee ma senza per questo prevaricare quelle altrui, senza denigrarle, offenderle e ricoprirle di disprezzo. Non è il timore delle invettive a frenarmi, ma la consapevolezza dell’inutilità di qualsiasi sforzo.
So di non essere sola, ma mi rendo anche conto che molti, forse come me, preferiscono in questo momento tacere attendendo chissà cosa, sperando in chissà chi, immaginando che un domani non si sa quanto lontano si riorganizzi quella parte della società che ancora crede nella democrazia e nella civiltà del parlare, del comunicare, dello scambiare, del condividere, del pensare prima di parlare.
Insomma di essere realmente cittadino.
Tiziana Franchi