In quella parte di Sardegna che si snoda tra la Trexenta, il Campidano e il Gennargentu corre un treno senza tempo, il cui passaggio è salutato da piccoli puntini gialli che agitano una paletta verde e rossa, le guarda-barriera.
Un lavoro che si eredita in linea femminile da generazioni. Bloccano il traffico al passare del treno, poche centinaia di chilometri di rotaie secondarie che incrociano strade secondarie percorse da macchine, trattori, pecore e apecar.
A loro è dedicato il film-documentario Cadenas di Francesca Balbo, che ne racconta la vita, il lavoro, il rapporto con il tempo e lo spazio della Ferrovia.
«Sono donne - spiega Francesca Balbo - che, come molte altre donne nel mondo, lottano per i loro diritti di lavoratrici e per una migliore qualità della vita, mentre vivono immerse nell’attesa, circondate da una natura immobile, dove ogni elemento del progresso rappresenta una minaccia.»Racconta la regista:
«Quando sono salita sul treno il tempo si è dilatato, lo spazio si è aperto.
Quando mi sono fermata con le guarda-barriera, il tempo è diventato un interstizio tra i passaggi del treno e lo spazio è stato costretto tra due catene.
Sardegna, quella dove non c’è il mare. Un luogo sconosciuto, una lingua sconosciuta, la natura che ti riempie lo sguardo non appena esci dal centro abitato.
Ho incontrato per caso le “ragazze della Ferrovia”, seguendo le tracce di un servizio fotografico pubblicato in una rivista. Mi sono ritrovata a Mandas, 50 chilometri a nord di Cagliari, un centro che fino alla metà degli anni ’70 era un importante snodo tra i treni delle Ferrovie della Sardegna: partivano da qui le diramazioni per Arbatax e per Sorgono. Molte famiglie di ferrovieri abitavano in questo piccolo paese, i viaggiatori si fermavano nelle locande e mangiavano nelle osterie, l’economia del territorio correva sulle stesse rotaie del treno.
Mandas è stata una delle tappe del viaggio in Sardegna dello scrittore D.H.Lawrence, partito con la moglie da Cagliari e diretto a Sorgono, nel 1921. Ha raccontato quel viaggio in un libro, «Mare e Sardegna», in cui viene raccontato come «…a un passaggio a livello, la donna che lo custodiva si precipitò fuori energicamente con la sua bandiera rossa».
Oggi della potenza del treno rimane solo la memoria. La ristrutturazione aziendale ha portato negli anni alla dismissione di quasi tutti i rami della linea ferroviaria, a favore del trasporto su strada. Restano solo pochi monconi di quella che era una rete capillare nata per collegare i paesi dell’interno con la costa e quindi con “il continente”, binari che si attorcigliavano su per le montagne e correvano fino al mare.
Il passaggio a livello è un luogo magico, compare all’improvviso dietro una curva, o nascosto tra le piante, oppure in cima alla montagna. In quasi tutti esiste ancora la vecchia casa cantoniera, ormai diroccata e inagibile, che tuttavia rimane l’unico riparo nelle giornate di tempesta.
Ho conosciuto le donne che custodiscono i passaggi a livello. Custodire è il verbo che usano per raccontare il loro lavoro: hanno la custodia della nostra sicurezza, sono loro che devono fermare il traffico con una catena, la chiudono mentre passa il treno e la riaprono quando è tutto finito. La catena che le costringe in quei luoghi remoti per lunghissime ore, aspettando che passino i pochi treni che trasportano pochi viaggiatori.
Raccontare le guarda-barriera della Sardegna significa raccontare una normalità complicata in cui la giornata si compone come un puzzle, cercando ogni giorno di mettere insieme i pezzi giusti. La loro forza è pari soltanto alla loro tenerezza.»