Zanele Muholi, lesbica sudafricana nera, come altri artisti impegnati in lotte sociali e politiche, utilizza quanto di meglio sa e riesce a fare, come un megafono.
E' infatti sua priorità, come afferma lei stessa, essere di utilità alla causa delle donne/lesbiche di tutto il mondo, ove le prevaricazioni e la violenza sono perpetrate ancora oggi, nonostante l'evoluzione dei costumi faccia presupporre un miglioramento nella direzione dell'accettazione dell'altro.
Non a caso ho voluto usare il termine “altro” e non “diverso”: quando la differenza di genere e di abitudini sessuali persistono come causa scatenante di accanimento violento, non è più accettabile considerare la questione come un'anomalia.
L'omosessualità è una diversità da cosa? Dalla maggioranza, quella maggioranza che ha abitudini sessuali numericamente preponderanti?
Per questo le donne lesbiche del Sudafrica meritano le più efferate violenze fisiche, stupri, emarginazione?
Per questo giovani uomini sudafricani dichiarano (in uno dei video della Muholi) di considerare le lesbiche degli esseri abominevoli, malati, degni del più profondo disprezzo nel migliore dei casi, oggetto di aggressioni e omicidio nel peggiore?
La Muholi dichiara di considerare il proprio lavoro riuscito, quando arriva a scalfire la mentalità violenta e intollerante anche solo di una persona, quando anche una soltanto sarà portata dalla sua opera a prendere in considerazione una possibilità di accettazione del mondo lesbico.
L'opera che apre la sezione “photography” del suo sito, è ispirata ad un'opera dell'artista torinese Michelangelo Pistoletto, opera intitolata "La Venere degli stracci", esposta al museo d'arte contemporanea del Castello di Rivoli (Torino). La sua conoscenza degli artisti italiani dell'arte povera, ventenni negli anni '70, ora famosi e molto quotati, fa presupporre una comunione della Muholi con il mondo dell'arte contemporanea italiana.
La scelta di creare una sua opera ispirata alla Venere degli stracci pare significativa nel perseguire un suo disegno: non più una statua, come nell'opera di Pistoletto, ma una donna in carne ed ossa che non teme il confronto con gli stracci e pare affrontare quella montagna di colorata spazzatura con il suo corpo nudo, aggraziato e forte al tempo stesso.
E ancora: la Muholi appende ad una parete centinaia di mutandine da donna di varie fogge e colori, un'opera particolarmente interessante. Attraverso le vestigia di centinaia di donne che sono a testimoniare una politica machista, priva di azioni volte alla difesa di donne costrette a vivere nel terrore di bande di maschi violenti e senza scrupoli, vittime di assalti brutali, cresciuti ed educati nella convinzione che i loro atti siano tanto giustificabili quanto giusti, la Muholi compie un altro atto di denuncia.
Anche ”I'm just doing my job”, è opera di denuncia: la festa che l'imprenditore Kenny Kunene ha dato in onore del proprio compleanno (per la quale ha speso Rand 700.000, equivalenti a € 58.000), festa dove diverse modelle dipinte di grigio sono state ingaggiate per aggirarsi in biancheria intima e dove alcune delle quali, adagiate sui tavoli, fungevano da piatti di servizio per sushi serviti sul loro ventre.
Gli ospiti di Kunene includevano membri del governo sudafricano come il portavoce del presidente e vari presidenti di associazioni come, ad esempio, quello dell'organizzazione giovanile nazionale ANC - African National Congress Youth League.
La Muholi vuole celebrare attraverso la sua opera che la raffigura sdraiata con una salsiccia arrotolata sul ventre come fosse il suo stesso intestino e altro cibo sul petto mentre due donne si servono infilzandolo sulle loro forchette, l'immoralità dell'evento.
Il titolo dell'opera, “Faccio solo il mio lavoro”, vuole ricordare la risposta di una delle modelle alla domanda di commentare l'evento.
Zanele Muholi, quarantenne nata a Durban, fotografa e documentarista, oggi vive a Johannensburg, dove continua a sfidare la storia dei soprusi contro le minoranze lesbiche in Sudafrica e le donne in generale, attraverso i ritratti dei corpi delle donne nere.
Stefania Levi
Per saperne di più
Visita il sito di Zanele Muholi