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In terra straniera, fotoreportageNegli ultimi anni ho avuto l'occasione di parlare con fotografi e fotoreporter inviati in zone di conflitto o che seguono situazioni di malessere sociale in giro per il mondo, e uno degli argomenti più ricorrenti è il loro disagio di fronte alla pressante richiesta schizofrenica, da parte delle grandi testate giornalistiche o dei magazine, di doversi avvicinare sempre di più e in maniera ossessiva al soggetto fotografato, con pochissimo tempo a disposizione

e la pretesa di mantenere una certa distanza emotiva e un'oggettività di fondo.
Ma anche nelle situazioni in cui il fotografo agisce con le migliori intenzioni, restituendo cioè verità quando si tratta di documentare, perde facilmente il controllo della foto appena la consegna, ignorando troppo spesso il contenuto dell'articolo che deve illustrare e gli obiettivi della post-produzione.
Per gli addetti ai lavori tutto questo non è una novità e in varie interviste Uliano Lucas ha riportato più volte l'attenzione sull'argomento rivendicando “il ruolo fondamentale del fotoreporter all'interno di una società democratica, così come la libertà del racconto e la partecipazione del reporter alla messa in pagina del proprio reportage. Ciò era possibile tra gli anni '60 e '80 perché c'erano centinaia di giornali di tutte le tendenze. Oggi tutto questo è finito: è finita la carta stampata, è finito il ruolo del giornalista e del fotoreporter. Oggi il fotoreporter non è più una persona che cerca di raccontare le diverse realtà che gli stanno intorno. È un mero esecutore di un'agenzia o di un giornale, sottopagato, senza più nessun potere di discussione o di chiarificazione.”*
Del resto è ormai consuetudine che i giornali si servano di foto scattate da non professionisti e molta parte della libera informazione proviene da persone dotate di un mezzo fotografico qualunque.
A lato di questo scenario, attualmente un contributo importante alla storia del fotoreportage è quello della fotografia sociale indipendente, quando il fotografo partecipa al contesto che vuole rappresentare e rifiuta il ruolo di spettatore.
Andrea Polzoni è uno di questi: racconta storie di dominio e resistenza quotidiana nell'Italia di oggi e documenta situazioni difficili di sopravvivenza, quelle ignorate dai media o stravolte dai poteri forti. Il processo usato per costruire un reportage è quello di chi si prende il tempo per conoscere di persona i soggetti ritratti, si documenta e scrive i suoi appunti, condivide il lavoro prima di tutto con le parti interessate, smette di fotografare se è necessario e, quando è possibile, espone le fotografie per la prima volta nei luoghi che lo hanno ospitato, e non importa se le pareti sono di un container, di uno stabile occupato o le baracche dei senza tetto.
In Terra straniera è una selezione dei numerosi reportage di Polzoni:
Mondominio Hotel House, grattacielo popolato da duemila immigrati di 40 nazionalità, Porto Recanati, 2014
False Griffe, venditori abusivi di prodotti griffati a Forte dei Marmi, meta dello shopping d'alta moda, 2014
La Fabbrica recuperata Ri Maflow, fabbrica svenduta dai proprietari e poi occupata da alcuni operai che, in auto-organizzazione, si sono ricreati un lavoro, Milano 2013
Passi Corti, centro di accoglienza per minori, Roma 2013.
In terra straniera – Profughi eritrei a Roma, condizioni di vita di profughi e rifugiati, Roma 2010 – 2013
Abitare la crisi, occupazioni e realtà di emergenza abitativa, dal 2010
Lo Sguardo e il Destino, lavoro dei braccianti agricoli africani, Calabria 2009

E' il piccolo quadro di un'Italia sommersa, il racconto delle lotte di uomini e donne aldilà della nazionalità di provenienza che investono in un cambiamento o si barcamenano senza arrendersi alla povertà e all'ingiustizia e persone che si riprendono in mano la propria vita senza delegarla agli altri.
Come i bravi fotografi, Andrea Polzoni possiede il dono della sintesi, le sue fotografie sono vitali, poetiche, semplici e al tempo stesso profonde come le persone che le animano; sono una preziosa testimonianza sulla nostra storia.

Emanuela Falqui

*Intervista a Uliano Lucas di Alessandro Fuso in occasione della mostra "La vita e nient'altro. Cinquant'anni di viaggi e racconti di un fotoreporter freelance" Sesto San Giovanni, 2013.

In Terra straniera. Storie di dominio e resistenza nell'Italia di oggi

Fotoreportage di Andrea Polzoni
a cura di Emanuela Falqui

In mostra dal 19 settembre 2014 al 12 ottobre 2014
sede espositiva: S'umbra, Via San Giuseppe 17, Cagliari
orari di apertura: dal martedì alla domenica 18.00 - 21.00
ingresso libero

Per saperne di più
vai al sito di S'Umbra - Progetti fotografici
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